Uno dei prodotti caratteristici della Valtellina è il Grano Saraceno, da sempre ampiamente coltivato nelle valli alpine fino alla seconda guerra mondiale, quando iniziò un rapido declino.
Da qualche anno se ne sta reintroducendo la coltura, visto che nuove mode gastronomiche e salutiste ne alimentano sempre di più la diffusione e l’utilizzo.
Il grano saraceno è nativo delle vallate himalaiane ed è stato importato in Europa nel XV secolo, arrivando in Valtellina un secolo più tardi ad opera dalla famiglia Besta di Teglio.
Nella vallata alpina lombarda oggi i terreni coltivati a grano saraceno sono abbastanza irrisori ed il prodotto non regge il confronto con le farine di provenienza estera, soprattutto Russia e Polonia, ma i segnali di un’inversione di tendenza e di un rinnovato interesse verso questo elemento identitario della cultura agricola valtellinese ci sono tutti.
In valle è attivo da qualche anno un progetto per avvicinare le nuove generazioni alla tradizione della semina e al contatto con la terra in una zona in cui i terreni erano incolti da anni.
Ogni estate in località Triangia si svolge “La giornata della semina del grano saraceno”, organizzato da diversi enti, associazioni e dalla locale scuola primaria che ha coinvolto tutto il paese e la popolazione, per valorizzare le vecchie tradizioni locali.
Alla base di molti prodotti gastronomici valtellinesi
Qui il grano saraceno ha resistito al declino e sta subendo un inaspettato ritorno di mercato dopo anni di oblio; sono stati recuperati terreni abbandonati contrastando il degrado, promuovendo la biodiversità e sostenendo la diversità socio-culturale e genetica della coltivazione.
Un tempo il grano saraceno finiva sotto le pesanti mole di pietra dei mulini alimentati dai corsi d’acqua ed i mugnai lavoravano per lo più per i privati della vallata e delle montagne circostanti; oggi questi mugnai si contano forse sulle dita di una mano e quei pochi lavorano più che altro per le aziende agrituristiche o qualche negozio di prodotti tipici.
Il grano saraceno è un seme nutriente ed energizzante con ben 343 calorie per etto, di cui 72 grammi di carboidrati, 13 di proteine e 3,4 di grassi, oltre ad una certa dose di potassio e magnesio, ed è un’ottima alternativa al riso; in realtà non è un cereale, ma un seme della stessa famiglia del rabarbaro e dell’acetosa. In cucina è un ottimo sostituto del grano per coloro che sono sensibili al frumento o ad altri cereali che contengono le proteine del glutine; controlla inoltre i livelli di zucchero nel sangue e riduce il rischio di diabete.
Un’alimentazione ricca di grano saraceno fa bene al sistema cardiovascolare e riduce il rischio di sviluppare colesterolo cattivo e pressione alta, grazie al suo ricco contenuto di flavonoidi, fitonutrienti che proteggono da certe malattie e agiscono come antiossidanti.
Tra le preparazioni gastronomiche che necessitano del grano saraceno ci sono in primo luogo i pizzoccheri, senza il quale non potrebbero essere tali, ma anche diverse altre tipologie di pasta fresca, dolci da forno tipicamente locali e la “torta di grano saraceno” la cui ricetta segreta viene trasmessa da una generazione all’altra con molto riserbo.