Circola voce tra gli studiosi di tutto il mondo che quando l’ultima delle api sarà scomparsa dalla faccia della terra, per il genere umano sarà l‘inizio della fine.
Una previsione catastrofica che ha riscontri piuttosto plausibili, vista la moria continua di api registrata negli ultimi anni, dovuta a cause come i cambiamenti climatici, gli anticrittogamici usati da decenni in agricoltura e più di recente quelli usati nella conciatura dei semi delle piante.
Se infatti alcuni anticrittogamici sono diventati off-limits, i centri di ricerca delle grandi multinazionali del settore hanno trovato il modo per aggirare gli ostacoli burocratici, trattando direttamente le sementi delle piante.
I semi trattati, o conciati, rilasciano nella linfa della pianta che cresce, gli stessi principi attivi dei vecchi anticrittogamici, per lo più a base di neonicotinoidi, e lo fanno per tutto il ciclo di vita della pianta, nella fase della crescita fino a quando si secca e muore; in pratica dalle radici, attraverso il fusto, raggiungono le foglie e quindi i fiori e frutti.
Le api, sentinelle dell’ambiente
Le api, sentinelle dell’ambiente, e come loro anche tante altre specie di insetti, appoggiandosi sulle foglie e sui fiori di queste piante nate dai semi “conciati” di mais, cotone, colza, bietola, girasole, come sulle foglie degli alberi fruttiferi e di piante ornamentali, perdono l’orientamento e non riescono più a tornare ai loro alveari, con danni consistenti per gli apicoltori.
L’Unione Europea ha messo al bando l’uso di tre sostanze contenenti neonicotinoidi, limitandone l’uso solamente in serre permanenti, ma il problema non può certo dirsi risolto.
Infatti la produzione di miele in Italia nel 2017 è stata più che dimezzata attestandosi sui 10 milioni di chili, uno dei risultati peggiori nella storia dell’apicoltura moderna, mentre le importazioni hanno superato i 23 milioni di chili con un aumento di quasi il 4% rispetto all’anno precedente.
Quasi la metà di tutto il miele estero in Italia è giunto nel 2017 da due soli paesi: Ungheria con oltre 8 milioni e mezzo di chili e la Cina, con quasi 3 milioni di chili, entrambi in cima alla lista dei paesi di scarsa sicurezza alimentare e dove l’uso dei neonicotinoidi non è certo controllato.
Scozzoli, oltre un secolo di tradizione apistica
Alle porte di Forlì, nella campagna romagnola, l’Azienda Agricola Energia dai Fiori della famiglia Scozzoli, ha fatto dell’attività apistica una ragione di vita.
Tutto cominciò all’inizio del secolo scorso quando Giovanni Scozzoli iniziò la tradizione dell’apicoltura di questa famiglia; nel primo dopoguerra furono i fratelli Mario e Amerigo a mettere le arnie nei campi, ma l’attività artigianale vera e propria cominciò negli anni ’70 ad opera di un altro Giovanni, figlio di Mario, perito agrario, che vide in questa attività qualcosa di nuovo e diverso, che non tutti ancora capivano.
Giovanni intuì che le api, portate nei frutteti, potevano impollinare i fiori aumentando così la produzione di meli, peri, peschi, susini, albicocchi, ciliegi e via dicendo.
Inoltre, l’impollinazione guidata fatta dalle sue api, gli permisero anche di aumentare la produzione di miele per la famiglia e per gli amici, per cui cominciò anche a cercare altre “zone di caccia” dove portare le casette multicolori dei suoi insetti.
Oggi, settantaseienne, Giovanni, pur prodigandosi ancora “sul campo”, ha lasciato le redini dell’azienda ai tre figli, Raffaella, Marco e Andrea, dopo aver trasmesso loro quasi tutta la sua saggezza ed il suo sapere sull’affascinante mondo delle api, anche se continua a dar loro consigli e qualche necessaria “istruzione”.
L’azienda lavora molto proprio nel settore dell’impollinazione guidata, chiamata dagli agricoltori e frutticoltori a posizionare i propri alveari tra i frutteti, in mezzo ai campi ed anche nelle serre; anche i rinomati meleti della Val di Non, quelli della Melinda, ricorrono ai “servizi” delle api romagnole.
Giovanni viene anche spesso chiamato presso qualche scuola per parlare di api e apicoltura, del processo di smielatura, del ciclo di vita dell’animale, del ruolo dell’ape regina, delle caratteristiche organolettiche dei vari tipi di miele e di tutto quello che ruota attorno a questo piccolo insetto.
Energia dai Fiori, una famiglia molto “allargata”
L’azienda di San Tomè oggi gestisce un migliaio di arnie che sposta in continuazione nei territori dell’azienda agricola, nella piana forlivese e nelle vallate del Montone, del Rabbi e del Bidente, nei territori collinari della provincia; se si considera che ogni arnia contiene una famiglia e che ogni famiglia comprende dalle 80mila alle 100mila unità, quella degli Scozzoli è una famiglia allargata, con quasi cento milioni di esseri viventi.
Rispetto a quella del 2017, disastrosa per via della lunga siccità, oltre che degli anticrittogamici e della Varroa, il killer delle api, la produzione 2018 è stata più che discreta.
Caso forse unico in Romagna, Energia dai Fiori, socia dell’Associazione Forlivese Apicoltori, produce molte varietà di miele, come i monoflora di Acacia, Tiglio, Castagno, Girasole, Cardo, Melo, Coriandolo, il classico Millefiori e la Melata di Bosco.
L’attività dell’azienda forlivese è di natura “nomade, secondo il gergo apistico, cioè sposta le arnie da un territorio all’altro a seconda del periodo delle fioriture.
Un lavoro molto più impegnativo di quello delle aziende cosiddette stanziali, che producono solo tre o quattro varietà di miele, quello dei territori dove posizionano in modo fisso le arnie.
L’ultima generazione degli Scozzoli poi, con la stessa passione per questo lavoro, sa guardare avanti, ed ecco le creme di miele aromatizzate, le grappe al miele di acacia o di castagno, le candele di cera d’api e vari altri prodotti a base di miele e cera, commercializzati nello spaccio aziendale ed in alcuni negozi selezionati della Romagna.
E mentre la quarta generazione col nome di Carolina, figlia di Raffaella, si affaccia timidamente in azienda per imparare i segreti di questo mondo affascinante, vanno avanti gli esperimenti sul miele di lavanda, quello di carota, quello di radicchio o di rosmarino che un giorno, probabilmente, finiranno anche sulle nostre tavole.