Intervista a Massimiliano Borgia che traccia un resoconto di cinque edizioni del festival: punti di vista, considerazioni legate alla pandemia, l’impatto delle tecniche digitali sul mondo del cibo, l’importanza e i doveri di una corretta informazione, le novità di quest’anno.
Incontro Massimiliano Borgia, ideatore e direttore del Festival del giornalismo alimentare di Torino, subito dopo la presentazione della sesta edizione, quella targata 2021. Con lui voglio trattare alcuni argomenti che riguardano le cinque passate edizioni oltre che temi che la pandemia ha fatto emergere e che il mondo del cibo ha dovuto affrontare. Ma anche analizzare alcuni aspetti che hanno rappresentato un “momento positivo” per il mondo alimentare e che rimarranno dopo il periodo pandemico.
Direttore, dal tuo punto di osservazione, come giudichi le cinque edizioni del festival?
Il festival, ormai, si sta consolidando come uno dei principali eventi nazionali sul cibo e sulle questioni alimentari. È l’unica manifestazione al mondo dedicata all’informazione alimentare, quindi un punto di riferimento per coloro che sono preposti a comunicare o informare i cittadini sulle tematiche legate all’alimentazione.
Tornando agli inizi di questo bellissimo racconto, ti aspettavi un successo simile? Puoi tracciare la sua evoluzione?
Sei anni fa, volevamo creare un momento di formazione e di confronto con i giornalisti di settore. Era il tempo in cui anche le testate nazionali più importanti cominciavano ad interessarsi di cibo e a dedicare pagine rilevanti se non addirittura dossier di informazione gastronomica.
Parlare e scrivere di cibo era diventato un fenomeno di costume, chef titolati ed emergenti riempivano gli spazi tv a tutte le ore; il tema alimentare era al centro dell’attenzione. L’interesse per quel mondo cresceva nelle redazioni di quasi tutti i giornali.
Oggi, il cibo è un universo infinito che i giornalisti e i comunicatori devono conoscere a fondo, per “educare” i lettori nel modo giusto e fornire loro un’informazione corretta.
Possiamo individuare nella pandemia, almeno, un aspetto positivo che il mondo del cibo è riuscito a cogliere ed ereditare?
Secondo me, nella tragedia esiste un grande punto positivo: per fortuna, sottolineo, l’informazione dedicata alla filiera del cibo si è fermata. Non si è, ad esempio, più dibattuto o parlato di ristoranti, di chef, di stelle in cucina, se non per motivi politico sociali o richieste di aiuto al settore (ristori, salvaguardia dei posti di lavoro, difficoltà a proseguire l’attività, etc.).
L’interesse si è spostato su tematiche ben diverse: il riallineamento delle proposte da parte dei produttori e di tutti gli altri attori dello scenario. Quali azioni alternative e innovative, ad esempio, mettere in campo per approfondire o affrontare la questione della digitalizzazione, aprirsi al mondo dell’e-commerce o interessarsi di nuovi mercati, creare sinergie con altri partner, utilizzare il web come vetrina di promozione dei propri prodotti, incontrarsi sulle piattaforme digitali per visite virtuali, degustazioni, presentazioni.
Devo affermare che il mondo del cibo ha cominciato a raccontarsi molto più di prima: un bene, questo, che ha permesso di conoscere o investigare la provenienza di un alimento, se non di comunicare il concetto di sostenibilità che sta dietro al processo produttivo, prestare maggiori attenzioni alla sicurezza alimentare, al tema dei rifiuti e degli sprechi.
Non più il concetto di cibo soltanto “come abitudine alimentare o per saziare un istinto di golosità”. Si è dato spazio a temi importanti che questo settore reclama da tempo.
Il discorso si è quindi spostato su argomenti diversi, non solo, ma anche fisicamente sulle piattaforme digitali.
Certamente, molti piccoli produttori, soprattutto, hanno utilizzato il web come vetrina di promozione dei propri prodotti, che altrimenti sarebbero rimasti invenduti. Una grande occasione che in molti hanno saputo sfruttare, durante questo periodo pandemico, in cui l’accesso ai luoghi del cibo era contingentato. Hanno saputo riprogettare le proprie strategie di crescita guidate dallo scenario digitale.
Un approccio, questo, che, secondo me, continuerà ad esistere anche in futuro. Con le nuove forme di lavoro in smart working si preferisce non spostarsi e l’idea del delivery, della consegna del cibo a domicilio sarà perseguita anche nei prossimi anni. Forse la pandemia ha accelerato questo processo. Gli stili di vita dei consumatori stanno cambiando. Assisteremo ad una vera e propria rivoluzione.
Ma i protagonisti dell’informazione e della comunicazione del cibo sono già sul pezzo? Stanno già acculturando i cittadini su questo tema?
Oggi, purtroppo, l’informazione che riguarda il commercio elettronico è del tutto carente. Non potendo, in molti casi, parlare personalmente con un produttore, un bottegaio, un cameriere, occorre preparare e informare correttamente gli utenti sul commercio on line. Lo scenario di mercato sta cambiando a ritmi sempre più veloci. I trend innescati e accentuati dalla pandemia si evolveranno ulteriormente nel prossimo futuro.
Prima di salutarci, Massimiliano, una curiosità: nell’edizione di quest’anno del festival ci sarà un argomento che non sia stato trattato nelle precedenti edizioni?
Si, affronteremo in modo completo il tema su “come l’informazione tratta il cibo”. Abbiamo realizzato un report, in esclusiva, che evidenzia “come il mondo dell’alimentazione viene trattato dagli organi di stampa nazionali”. Questo focus sarà attivato negli anni futuri per analizzare, comprendere e confrontare le tendenze relative ai singoli argomenti trattati dai media.
Verranno monitorati temi come “cibo e salute”, “sicurezza alimentare”, “cibo e criminalità”, “economia e cibo” e altri. Vedremo come i media sapranno anticipare gli interessi dei cittadini o seguiranno le mode della società contemporanea.
Quella di quest’anno sarà un’edizione strategica, ribadisce Massimiliano Borgia!.
Grazie