La “Madia”, memoria d’una civiltà trascorsa, anticamente destinata alla confezione del pane e della pasta, ci riporta alla poetica casa di campagna attorno a cui ruotava la vita della famiglia contadina. Come La Madeleine di Proust de “Alla ricerca del tempo perduto”, la Madia evoca in noi ricordi del passato, emozioni vissute.
La Madia è il nome del ristorante sulla collina torinese che sono andato a provare una sera, attorno all’Equinozio di Primavera. Una splendida serata di stelle mi predisponeva emotivamente alla visita di questo luogo di ristoro, elegante, appartato, moderno, intimo, su Corso Quintino Sella, nella zona residenziale della città.
Elisa Hoti, la padrona di casa, cuoca (vuole essere chiamata così ndr) del locale, si presenta in sala con il piglio giusto, ma anche con un atteggiamento del tipo “ora assaggerai cose che non hai mai assaggiato in vita tua. Ti sorprenderò”. L’approccio mi piace, ho parecchie aspettative sulla sua cucina e sulle materie prime utilizzate.
Una piacevolissima musica jazz mi fa sentire già bene, sono pronto per questa esperienza che attendevo da un po’.
Mi soffermo a fare due chiacchiere prima di cenare e le cose che mi colpiscono di più sono la determinazione di Elisa, le idee chiare che ha in testa, gli obiettivi professionali che si è prefissata, il tipo di cucina che vuole portare avanti, ma anche il rammarico che il concetto di ristorazione si stia stravolgendo.
Elisa ha origini albanesi, lascia la sua terra natia più di vent’anni fa per raggiungere il marito Renato Hoti, già a Torino. Da giovanissima aveva frequentato un corso di cucina più per gioco che per reale convinzione ma il piacere di avere le mani in pasta l’ha sempre accompagnata.
Giunta a Torino si avvicina al repertorio gastronomico piemontese e si lascia coinvolgere.
“Ho iniziato a frequentare le cucine dei ristoranti da quasi 20 anni. Ho iniziato per passione, ma il fatto di essere mamma mi ha limitato soprattutto all’inizio. Poi la cosa cominciava a piacermi e mi sono buttata dentro, frequentando un’altra scuola di cucina, qui a Torino. È stata una scommessa con me stessa: cucinare ce l’avevo nel sangue. Finita la scuola ho girato nelle cucine di due ristoranti, vedevo la cosa come un sogno e mi sono messa in proprio”.
“L’apertura de La Madia è stata un po’ contrastata dall’avvento della pandemia. Era il 2019, la Madia esisteva già, era una trattoria elegante, qui nella pre-collina torinese, ma io ho voluto dare la mia impronta. Ho ristrutturato il tutto, ho dato al locale una nuova veste, più formale, e mi sono messa il cappello di cuoca sulla testa. Il Covid si è messo di traverso e mi ha fatto soffrire per un po’, inizialmente”.
Elisa ha, ormai, sposato l’Italia, il Piemonte, Torino, e adatta le ricette di una volta ai gusti attuali. Si diletta con materie prime e consistenze, improvvisa ma non troppo, la sua tecnica si affina di giorno in giorno. Affascinata dalla sua professione, la giovane cuoca sottolinea che “é il concetto di ristorazione che è cambiato negli ultimi tempi, un po’ per colpa della TV, dei programmi che presentano un format del tutto distorto per esigenze televisive: in 45 minuti si prepara un piatto scenografico… ma io se dovessi preparare un piatto in 45 minuti, 25 persone non riuscirebbero più a mangiare”.
“La mia deve essere una cucina del territorio, delle materie prime prossime; qui si mangia il pesce e la carne, ma sono i piatti di pesce quelli che prediligo. A me piace studiare la ricetta, ricercare soluzioni, a volte mi ci va anche un mese prima di portare in tavola una mia ricetta, provata e riprovata. La sperimentazione fa parte di me, del mio carattere. Prima di mettere in menu una preparazione, mi guardo intorno e voglio che nessuno abbia sperimentato prima lo stesso piatto. Sono ambiziosa ed esigente. Mi piace l’unicità, rivisitare una ricetta e offrire quanto di meglio io possa realizzare, nell’esclusività”.
Il discorso della rivisitazione del piatto mi interessa e cerco di approfondire. Elisa dimostra di avere tutto ben chiaro nella mente e ribadisce:
“Partire dalla materia prima, di sicuro, ma non stravolgere il piatto originario. Lasciare sempre l’intenzione antica nella costruzione del piatto. Io affermo sempre con convinzione che la cucina migliore è quella della nonna e nel mio locale spesso mi dicono ‘mi stai facendo assaggiare i gusti di una volta che si erano persi, ultimamente’. Questo complimento lo sento spesso e la cosa mi fa molto piacere, mi incoraggia. Sapori netti dentro il piatto e la gente è contenta… metti 5 o 6 ingredienti e non sai cosa stai mangiando, il cliente non capisce. Mi viene da puntare il dito anche verso i cosiddetti chef stellati”
Queste ultime considerazioni di Elisa mi portano alla cucina delle stelle Michelin, ai piatti d’immagine che negli ultimi anni hanno stravolto un po’ il concetto di cucina e di ristorazione. Che idea si è fatta, a proposito, Elisa, di questo nuovo vento che soffia in certe cucine importanti?
“Secondo me, un piatto devi prima mangiarlo con gli occhi e poi deve essere buonissimo al gusto, con i sapori netti, altrimenti hai disegnato solo un quadro nel piatto. Non ce l’ho con gli stellati, per carità, molti li adoro, hanno fatto la storia, però… primo tra tutti Alain Ducasse. La cucina francese è un riferimento per me, qui a La Madia c’è questa impronta, tanti me lo dicono”.
“Per me la gioia più grande è rivedere un cliente la seconda o la terza volta. Il cliente che torna vuol dire che apprezza il mio lavoro, i miei sapori, la mia cucina… e mi fa andare avanti, alimenta i miei sogni, moltiplica la mia passione”.
Quali piatti della cucina piemontese predilige, in particolare?
“Prediligo tanti piatti della cucina di tradizione piemontese, la lingua ad esempio, le animelle, e poi il filetto di fassona piemontese in bagna cauda, un’invenzione, un piatto che mi richiedono spesso ma che non posso tenere in menu tutto l’anno. A me piace cambiare, sperimentare, portare in tavola sempre sapori nuovi. La cucina è anche un bel gioco di idee che deve variare… per fare giocare tutti”.
Scorrendo il menu, vedo che ci sono portate di carne, di pesce, ma anche animali da cortile come il coniglio o selvaggina come la lepre. Quale è la vera anima della Madia?
“A me piace molto la cucina piemontese, ma anche quella di altre regioni. La mia idea è che quello che preparo deve piacere a tutti, se inseguo solo i piatti che piacciono a me posso chiudere. Non c’è una direzione ben precisa; ci sono piatti piemontesi, di altre regioni italiane, anche di impronta francese. Mi piace molto giocare col pesce, mi dà grandi soddisfazioni, ma senza volare troppo”
Ma si vive non solo di desideri, si vive anche di sogni, ed Elisa qualcuno ce l’ha…
“Vorrei vedere il mio ristorante sempre pieno. Ma di questi tempi ci vorrebbe un miracolo. Mi faccio tante domande ma non trovo risposte. Non bastano la passione, l’impegno, la caparbietà. Vorrei che tutti i clienti entrassero qui col sorriso e ne uscissero con uno più grande: è la gioia più bella che un cuoco possa provare, significa che stai facendo stare bene la gente”.
Ma ecco il menu della serata:
Lingua di vitello, salsa verde, cipolla di Tropea in agrodolce, demi-glace al Porto
Capesante scottate, crema alla carbonara, bacon croccante
Spaghetti di Gragnano ai ricci di mare, polvere di aglio nero, tartare di scampi e profumo di lime
Bottoni di quaglia, crema di sedano rapa, olio all’aneto
Petto d’anatra, foie gras, albicocche disidratate al Madeira, polvere di caffè
Tiramisù
Devo sottolineare che ho apprezzato molto la qualità e la preparazione di ogni singola portata. Ogni piatto ha un’impronta specifica, evidenzia studio e ricerca. Qui non esiste improvvisazione. I piatti vengono testati più volte prima di essere portati in tavola. Dentro ogni preparazione c’è il carattere di Elisa, la sua determinazione e le sue conoscenze e competenze. È un vero piacere ascoltarla, un privilegio assaggiare la sua cucina.
Prima di andare via appare Fabio, giovane primogenito dei coniugi Hoti, figlio d’arte; allievo dell’Istituto Alberghiero Colombatto di Torino, affianca con maestria la mamma, occupandosi soprattutto di dolci. Di notevole fattura il tiramisù che ha chiuso la mia cena, una versione molto particolare e innovativa.
Pane, grissini, pasta sono di produzione propria. La carta e il menu seguono la disponibilità delle materie prime e il variare delle stagioni. La selezione dei vini, molto curata, spazia dalle cantine piemontesi alle francesi. Una trentina di posti con tavoli ben distanziati, un’illuminazione intelligente e una sala raffinata creano un’atmosfera piacevole e rilassante. Il servizio è impeccabile. Tre percorsi degustazione a 40 € (4 piatti), 50 € (4 piatti a scelta dalla carta) e 60 € (6 piatti) per un minimo di 2 persone. Prenotazione gradita.
Si è fatto tardi, agli altri tavoli c’è ancora gente che cena. Si chiude alle mie spalle ‘la porta della soddisfazione’ di un ristorante delizioso, ma si apre davanti a me una scenografia tutta da sognare. È l’incantesimo di questo luogo che di notte riesce ad offrirti contemporaneamente la suggestione della Chiesa di Santa Maria del Monte dei Cappuccini e la visione spettacolare della Madonna delle Grazie della Basilica di Superga, illuminate da un cielo, stavolta, pieno di stelle vere.
Ristorante La Madia
Corso Quintino Sella, 85/a – Torino
Contatti
Tel. + 39 011 8190028
trattorialamadia.torino@gmail.com
https://www.ristorantelamadiatorino.it/