La frisella, chiamata anche frisa o frisedda a seconda della località pugliese, è una ciambellina biscottata, un tarallo più grande fatto con di grano duro, croccante e profumata, ruvida e particolarmente gustosa.
Non è un pane in quanto il suo procedimento prevede che venga cotta due volte.
Un tempo la frisella di farina di grano era riservata alle sole tavole benestanti e a poche altre occasioni celebrative, mentre i ceti meno abbienti della popolazione mangiavano quelle di farina di orzo o di miscele di orzo e grano.
La frisella è nota anche come il pane dei Crociati, in quanto faceva parte del loro vettovagliamento nel viaggio verso la Terra Santa, in quanto poteva, e può, essere conservata per un lungo periodo rendendola una valida alternativa al pane.
In passato i pescatori erano soliti bagnarle direttamente in acqua di mare e consumarle condite col solo pomodoro fresco, premuto per far uscire il succo, oppure come fondo per le zuppe di pesce o di cozze, alimenti abituali durante le battute di pesca che duravano parecchi giorni.
Anche la loro forma non è casuale; infatti erano e sono fatte tuttora a forma di ciambelline col buco, per poter essere infilate in una cordicella i cui terminali venivano annodati a formare una collana, che era facile appendere per un più comodo trasporto e conservazione all’asciutto.
Nel Salento le friselle sono spesso preparate in casa; inzuppate d’olio, acqua, sugo di pomodoro e un filo di vino quindi condite con carciofini e lampascioni, sono una pietanza gradita ai buongustai; in altre parti della regione si mangiano immergendole per alcuni istanti nell’acqua e coprendole con fette di pomodoro, origano o basilico, olio, sale e pepe.
Oggigiorno la frisella è prodotta soprattutto da forni commerciali in varie pezzature e venduta in confezioni imbustate nei supermercati di tutta Italia.