Un nuovo chef può dare una marcia in più a un ristorante che già di per sé è qualcosa di intrinsecamente bello? E in cosa può consistere questa marcia in più? In una maggiore vis creativa può darsi. Oppure in una rigorosa ricerca dell’equilibrio tra sapori e consistenze, all’interno di un quadro culinario che potremmo tranquillamente definire classico-contemporaneo, dove le materie prime a filiera cortissima si ammantano di sentori tipicamente mediterranei.

La tartare di cervo con asparagi, rose e dragoncello
Nuovo corso al Gastarea Bistrot
Tutti sappiamo quanto è bello l’Anusca Palace Hotel, gioiello dell’accoglienza immerso nel verde con il suo giardino, la sua piscina, la sua SPA, il suo elegante bistrot Gastarea, il tutto a due passi dal parco termale di Castel San Pietro. Ma da quando il timone della cucina è passato nelle capaci mani di Raffaele De Martino, i fornelli del Gastarea hanno ripreso a brillare di una luce particolare, che conferisce all’insieme esattamente quel plus di cui si parlava.
Raffaele De Martino: il nuovo che avanza fra territorio e Mediterraneo
Sì, perché De Martino, napoletano di nascita, classe 1987, formatosi all’Accademia Gualtiero Marchesi e nelle collaborazioni con Paolo Lopriore, Mirco Martinelli, Michel Magda e Gianluca Braglia, ma anche chef privato per Alan Howard e patron del Gustorama di Imola, persegue con pervicacia e costanza esattamente quell’equilibrio delicato e magnifico che rende un piatto un’esperienza difficile da dimenticare.
La cultura della filiera corta
Ma facciamo un passo indietro: il contesto del bistrot – bello, elegante, moderno, con un bel giardino a bordo piscina da sfruttare ampiamente nella bella stagione – rimane sostanzialmente il medesimo. E altrettanto resta la filosofia legata all’approvvigionamento delle materie prime, che privilegia sempre e comunque una filiera corta, quando non cortissima.

L’assoluto di Parmigiano con tartufo di stagione e mosto cotto,
Un tesoretto di fornitori d’eccellenza
E così il pane realizzato con lievito madre e farine del territorio è prodotto da Francesco Bonfiglioli e dallo staff di Madrè di Castel San Pietro, gli oli EVO arrivano dalla Tenuta Pennita di Terra del Sole e dall’azienda Fraternali Grilli di Montegridolfo, il Parmigiano-Reggiano di Bianca Modenese, il burro e il tosone dal Caseificio Rosola di Zocca, gli ortaggi di stagione dall’Azienda Agricola Ca’ di Viazadur di Faenza, lo Scalogno di Romagna Igp dall’Azienda Agricola Zaccarini di Riolo Terme, il pescato dell’Adriatico da Ecopesce di Cesenatico, lo Squacquerone dal Caseificio Comellini, i salumi dal Prosciuttificio Zuarina di Langhirano e dalle Officine Gastronomiche Spadoni di Brisighella, le carni di filiera suina italiana dalla Clai di Imola, il Pollo Romagnolo Presidio Slow Food dall’azienda di Ca’ Bantone a Mercato Saraceno, i funghi e i tartufi da Appennino Food di Savigno, le birre artigianali dal Birrificio Claterna, i mieli dall’Apicoltura Martelli di Toscanella di Dozza e dall’apicoltore Massimo Maccarelli, il Riso del Delta del Po, varietà Carnaroli, dall’Azienda Agricola Zangirolami di Tresigallo, l’Alchermes “Folletto” dalla Farmacia Baiona Semenza di Voltana, i Savoiardi di Castel San Pietro dal laboratorio artigianale di Giuseppe Pedini a Castelguelfo e gli aceti dall’Acetaia San Giacomo di Novellara.
Piatti che rimangono nella memoria
Più che un parterre di fornitori un vero e proprio tesoretto legato a doppio filo con le eccellenze del territorio, e dal quale non possono che scaturire piatti degni di memoria, che lo chef De Martino, come detto, cura nelle loro componenti in maniera tale che, preservando l’identità di ogni singolo ingrediente, il risultato risponda alla migliore armonia possibile.
Le menzioni di perfezione: l’assoluto di Parmigiano e la lingua
Innanzitutto due menzioni d’onore. La prima è per l’assoluto di Parmigiano con tartufo di stagione e mosto cotto, una sapida tartelletta nella quale il Re dei Formaggi, in versione stravecchia, raggiunge livelli di tale equilibrio da rasentare la perfezione, perfettamente bilanciato dall’agrodolce del mosto cotto e impreziosito da una grattata di trifola. La seconda riguarda la lingua di manzo con mazzancolle, sedano rapa e limone, piatto non facile e certo non per tutti i palati ma che a chi saprà apprezzare regalerà la voluttuosità di un taglio di carne poco impiegato nella cucina contemporanea, reso superbo dal suo fondo di cottura e splendidamente accompagnato dalla dolcezza del crostaceo e dall’aspro dell’agrume.
Una proposta ispirata al classico contemporaneo

La lingua di manzo con mazzancolle, sedano rapa e limone
Attorno a queste due stelle fisse davvero da stella Michelin ruota una proposta curata, sfiziosa, eclettica, che parte dagli accompagnamenti all’aperitivo da prendere in giardino – polpette di quinto quarto con salsa agrodolce, fritto di carciofi – per poi allungarsi alla grinta della tartare di cervo con asparagi, rose e dragoncello, alla delicatezza del risotto alle poverazze con wasabi e lattuga di mare, ai piacevoli contrasti degli gnocchi di patate affumicate ripieni di ricotta con piselli e pepe nero, alla carica di incredibile golosità del Fragolissimo, un godurioso assemblaggio di panna, yogurt, fragola in diverse consistenze e cioccolato Ruby.
La carta dei vini
La carta dei vini È un viaggio in esplorazione che per noi comincia dall’Emilia-Romagna, attraverso i vitigni autoctoni e gli artigiani che li interpretano al meglio nelle diverse sottozone. Prosegue con un giro nelle altre regioni d’Italia che si allarga al resto d’Europa, perché il vino ci mostra sempre un’altra possibilità di vivere e di abitare il mondo. La sorte, generosa, ci ha riservato Blanc de Blanc, Metodo Classico Millesimato 2020 di Fattoria Monticino Rosso, Rubicone IGT “Tèra” 2023 di Fondo San Giuseppe, Pignoletto “Filia” 2022 di Caccianemici e Metodo Classico Brut Millesimato “Dama Bianca” 2020 di Fratta Minore.