A Napoli, il 30 ottobre non è semplicemente una data sul calendario: è il Natale laico, il giorno in cui la città celebra la nascita del suo dio terreno, Diego Armando Maradona. E nel 65 D.D. — Despues Diego, come amano dire i devoti — festa che si è ripetuta con la stessa intensità di un rito collettivo.Una tavola per D10S
Lo chef Vincenzo Politelli, padrone di casa e custode della tradizione gastronomica partenopea, ha costruito un menù che raccontava Diego attraverso il gusto, alternando emozione, ironia e memoria.
A seguire, gli “Spaghetti alla Maradona”, ormai simbolo del locale, nati l’anno precedente come tributo al Pibe. Una pasta povera e geniale, condita con aglio, olio, peperoncino e mollica fritta — ingredienti semplici che, come Diego in campo, riescono a creare magia. Politelli li ha proposti con equilibrio e rispetto, lasciando che il profumo dell’aglio e la croccantezza della mollica celebrassero il sapore schietto della tradizione.Racconti di campo e di cuore
Accanto a Sirica, ospite d’onore della serata, c’era Francesco De Luca, oggi responsabile della redazione sportiva de Il Mattino, allora giovane cronista al seguito del Napoli di Maradona. Tra un calice pieno e un aneddoto, i due hanno ricostruito l’atmosfera di quegli anni irripetibili: le domeniche allo stadio, le notti di euforia, le risate sincere e i gesti che hanno fatto storia.L’anima dell’Ostaria Pignatelli
Chi conosce Ostaria Pignatelli sa che qui si viene per il convivio, per respirare la Napoli autentica: quella che si tramanda in cucina, che accoglie senza ostentare, che unisce il popolare al raffinato.Un brindisi a Diego
La cena del 30 ottobre all’Ostaria Pignatelli non è stata solo un tributo gastronomico, ma una dichiarazione a un grande mito del calcio. Tra un calice di Feudi San Gregorio, il profumo dell’Asado e la dolcezza del babà, sembrava quasi di sentirlo lì — Diego — con quel suo sguardo luminoso e ironico, a godersi la festa come avrebbe fatto sempre: a modo suo, con il cuore.l’Ostaria Pignatelli è nata nell’ottobre del 2020 — quando aprire un ristorante sembrava quasi un atto folle — è il frutto dell’iniziativa di otto amici d’infanzia: Roberto Biscardi, Sergio Maiorino, Fabio Zotti, Gianpaolo Albano, Stefano Capocelli, Lino Acunzo, Luca Valerio e Gennaro Montella. Otto nomi, una sola visione. Restituire alla cucina partenopea il suo cuore autentico, ma con un tocco di contemporaneità e leggerezza.
Fin dall’inizio, l’atmosfera dell’Ostaria ha puntato tutto sull’accoglienza genuina, che fa sentire a casa anche solo chi è di passaggio. Prima ancora che arrivasse il riconoscimento della Guida Michelin, i proprietari avevano già vinto la loro scommessa.