L’Italia dei Distretti agroalimentari segna il record nell’export 2024, con oltre 28 miliardi di euro di vendite e una crescita del 7,1 per cento rispetto al 2023, cioè 1,9 miliardi in più.
L’andamento è in linea col totale del made in Italy agroalimentare, di cui i distretti rappresentano il 42,5% in termini di valore esportato, che lo scorso anno ha superato 67 miliardi di euro (+8,3 per cento).
I distretti agri-food, in pratica, hanno fatto meglio degli altri manifatturieri italiani, in lieve crescita nel quarto trimestre 2024 (+0,5% rispetto a un anno prima), ma con un totale 2024 in leggero arretramento (-0,4 per cento).
Protagonisti l’olio d’oliva (ben 40% in più), la filiera della pasta e dolci (+7,8%), del caffè (+9,5%) ma anche il vitivinicolo (che col 23% del giro d’affari ha il peso maggiore) si è difeso bene, con un +2,9% tendenziale nel quarto trimestre, che porta il cumulato gennaio-dicembre oltre i 6,7 miliardi di euro, in crescita del 4 per cento. Tuttavia, non mancano i segni meno. E importanti.
In affanno Langhe Roero e Monferrato
Entrando nei dettagli del Monitor dei distretti agroalimentari, curato dal dipartimento ricerche di Intesa Sanpaolo, il principale distretto vitivinicolo, i Vini di Langhe, Roero e Monferrato, perde nel 2024 l’1,7 per cento del valore, vicino ai 2 miliardi di euro. All’appello mancano 33 milioni di euro: circa 25 milioni sono da attribuire alla Svizzera (-32,3%), a cui si aggiungono i 12 milioni in meno nel Regno Unito (-6,1%), in parte compensati da Germania (+7,2%) e Stati Uniti (+3,9%), prima destinazione per il distretto, con un’incidenza del 20% sul totale esportato.
In diminuzione ci sono anche i Vini e distillati del bresciano (-7,5%), i Vini e distillati di Trento (-4,4%) e i Vini e liquori della Sicilia occidentale (-1,7%), che sono distretti specializzati negli spirit oltre che sul vino.
Buona performance di Veneto e Montepulciano d’Abruzzo
Molto positiva la dinamica per i Vini del Veronese (+9,2 per cento), con crescite dovute alla buona performance della Germania (+10,1%) e degli Stati Uniti (+13 per cento). In terreno positivo anche i Vini dei colli fiorentini e senesi (+9,8%), grazie al contributo del primo mercato di destinazione, quello americano (+9,3%) che pesa, secondo il Report di Intesa Sanpaolo, per oltre il 38% sul totale delle vendite all’estero del distretto. In crescita risulta anche il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene (+7,3%), grazie al successo delle bollicine soprattutto oltreoceano (Stati Uniti +20% e Canada +37,6 per cento). Seppure con un peso inferiore agli altri distretti (circa 250 mln di euro), da segnalare il quasi 20% in più del distretto del Montepulciano d’Abruzzo.
Il mercato Usa
Verso il mercato americano, attualmente sottoposto a dazi aggiuntivi del 10%, dopo la decisione del presidente Donald Trump di congelare quelli al 25%, la filiera vitivinicola esporta quasi un quarto del suo export complessivo (23%), con punte del 43% per i Vini e distillati di Trento, del 38,4% per i Vini dei colli fiorentini e senesi e del 27% per il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene.
Un vantaggio rispetto ai dazi di Trump
Con oltre 5 miliardi di euro, la Germania è il primo partner commerciale del complesso dei distretti agri-food italiani nel 2024. Le spedizioni dall’Italia sono cresciute del 6,9%, ma anche la Francia è aumentate (+4,8%), rispetto a un Regno Unito quasi stabile (+0,4 per cento). Da notare che il mercato con la maggior crescita è quello degli Stati Uniti (+14,9% nel 2024, a 3,7 miliardi di euro totali). Un aumento, spiegano gli analisti di Intesa Sanpaolo, che non sembra legato a eventuali politiche di approvvigionamento anticipato post-elezione di Trump: «Tassi di crescita sostenuti – si legge nel report – si sono registrati in tutti i trimestri dell’anno.
I dazi introdotti e parzialmente sospesi ai primi di aprile 2025 vanno a colpire ad ampio raggio molta parte della nostra produzione. Tra i comparti più esposti l’olio, il vino e i latticini. Tuttavia, i nostri prodotti venduti negli Usa potrebbero essere potenzialmente meno sensibili alle variazioni di prezzo, rispetto a quelli venduti dai nostri competitor». Il motivo? Si tratta di produzioni di nicchia «spesso legate al territorio e certificate Dop/Igp, molto apprezzate da una clientela ad alto reddito, che – secondo Intesa Sanpaolo – potrebbe beneficiare dei tagli fiscali promessi da Trump».
di Gianluca Atzeni by Gambero Rosso