Avete presenti i Passages couverts di Parigi? Si, le gallerie coperte sulla rive droite della Senna? Ebbene, la Galleria Umberto I, ha poco da invidiare ai passages parigini. Inaugurata a fine Ottocento, collega via della Basilica a Piazza della Repubblica con lo storico mercato di Porta Palazzo. Intitolata al sovrano Umberto I di Savoia, elegante e raffinata, oggi ospita locali di tendenza che vale la pena scoprire. La scoperta, stavolta, riguarda una trattoria piemontese, un’ottima cucina che invita alla sosta: si tratta di “Dume – trattoria imperfetta”

Dume – Trattoria Imperfetta. Galleria Umberto I, Torino. Ph Andrea Di Bella
Uno stile particolare, tocchi di design contemporaneo, pensata per ospitare e non per sorprendere. La cucina viaggia nella stessa direzione: piemontesità nei piatti, tipicità, leggerezza e schiettezza, pochi ma centrati. Atmosfera piacevole, con musica di sottofondo, locale molto luminoso, con ampie vetrate sulla Galleria. Cantina e servizio all’altezza della cucina. Una conduzione attenta e dalla parte dei clienti, una cucina dove la ricerca della qualità è sicuramente un fiore all’occhiello.
Prima di scrivere dei piatti che ho assaggiato, scambio qualche opinione con Edoardo Dumeri, il titolare.
A DIALOGO CON EDOARDO DUMERI, IL TITOLARE
“Dume – Trattoria imperfetta”: leggo così su una delle vetrine che danno sulla Galleria Umberto I. Quale significato dà a questa affermazione?
“Significa che siamo in working in progress, possiamo ancora migliorarci, io non mi sento mai arrivato, tengo alla qualità, all’estetica, mi batto per raggiungere gli obiettivi prefissati e metto in conto, realisticamente, che posso anche sbagliare!”

Edoardo Dumeri, il titolare. Ph Andrea Di Bella
Ci troviamo all’interno di questo locale che guarda una delle più affascinanti gallerie della città. Cosa vuol dire fare ristorazione oggi a Torino?
“Devo dire che la piena soddisfazione deve ancora arrivare, ci sto lavorando. Sono partito dallo Street Food e sono approdato alla ristorazione da pochi anni. Voglio qualità nel mio locale; il cliente che viene a trovarci deve uscire soddisfatto. Abbiamo una lista di fornitori eccellenti, molto validi, che è presente sul nostro menu e tutti possono valutare. Ci tengo molto. Torino è una città parsimoniosa e io cerco di tenere i prezzi abbordabili, pur offrendo prodotti di primo livello. È difficile fare i virtuosi. La città ha parecchi ristoranti ma si mantiene ancora provinciale, il turismo c’è ma non a livelli eclatanti. Il ristoratore deve puntare, in primis, sulla qualità e sul servizio, ma deve anche dedicarsi ad un marketing territoriale ben preciso, mirato, per riempire i locali”
Un bellissimo dehor in galleria ci fa sentire un po’ parigini. Chiedo a Edoardo quale tipologia di pubblico siede a questi tavoli
“È un pubblico eterogeneo. Molti turisti stranieri, ma anche italiani, nel giusto mix con i torinesi. Molti sono giovani, over 30 direi”
La domanda sui sogni nel cassetto non può mancare, anche perché Edoardo Dumeri mi sembra una persona molto passionale e sognatrice
“Si, i sogni non mancano. Desidero che avvenga la celebrazione di tutti gli sforzi che ho fatto in questi anni e che continuo a fare. Strizzo l’occhio alla presenza in qualche guida gastronomica, non parlo di stelle, ma essere considerato per come lavoro e risalire qualche gradino verso la notorietà”
Vorrei chiudere questo breve dialogo parlando di Jacopo, lo chef. Quali convinzioni sono scattate affinchè diventasse il protagonista di questa cucina
“Beh, Jacopo, da poco incontrato, mi ha dato subito l’impressione che fosse un bravo ragazzo, cosa per me fondamentale che vale anche per il resto dello staff e dei collaboratori. Imperfetti, ma brave persone!. Anche se è giovane, è un grande professionista, ambizioso e caparbio. Ha un curriculum straordinario e poi gli riconosco una maturità, a soli 27 anni, che non ho trovato in tanti della sua età”.
JACOPO CAPELLI, LO CHEF
Bolognese, ventisettenne, diplomato all’Istituto alberghiero “Bartolomeo Scappi” a Castel San Pietro Terme (Bologna). Ha lavorato per 4 anni presso il ristorante Atman di Lamporecchio (Pistoia), all’interno della berniniana Villa Rospigliosi, (Titolare e chef Igles Corelli, 1 stella Michelin), ricoprendo il ruolo di junior sous-chef. Tra le esperienze più importanti, chef de partie presso il Gran Caffè Quadri di Alajmo, in Piazza San Marco a Venezia (1stella Michelin).
La voglia di nuove scoperte, di approfondire concetti e filosofie legati alla cucina contemporanea di grandi chef, come Eneko Atxa, trascinato da un’innata passione ed un’estrema sensibilità per la cucina, l’hanno portato a lavorare in Spagna, nei Paesi Baschi, presso il ristorante Azurmendi (3 stelle Michelin), un’esperienza di circa un anno di cucina vegetale davvero eccellente.
Ama la cucina sotto diversi aspetti: gli piace la “cucina estetica”, che ambisce a proporre gusti innovativi, ma apprezza la “cucina dei sapori”, espressione di saperi e di tradizioni che affondano le radici nella storia e nella cultura gastronomica.
Prima di approdare a Torino da “Dume”, Jacopo è rientrato a Bologna, per lavorare presso Villa Aretusi al ristorante “Sotto l’Arco”.

Lo chef Jacopo Capelli con Edoardo Dumeri. Ph Andrea Di Bella
A DIALOGO CON LO CHEF
Volendo fare un parallelo tra la cucina bolognese e quella torinese cosa ti senti di affermare?
“Bologna è detta la ‘grassa’, in Piemonte e a Torino si incontra uno stile di cucina francese, con alla base molto burro e preparazioni altrettanto grasse. Quindi, direi che le cucine si toccano anche se il grasso torinese non è come quello bolognese, di origine animale. In Emilia si parla di mortadella, di prosciutto mentre qui, ad esempio, c’è una varietà di formaggi straordinaria: penso al Castelmagno, alla Robiola di Roccaverano, che abbiamo in menu. Certo, c’è da dire che la cucina piemontese, negli anni, si è raffinata, mentre l’emiliana, sempre ottima, è rimasta legata alle vecchie tradizioni e ai prodotti simbolo che l’hanno resa famosa nel mondo”.
Il fatto che Torino ospiti nelle sue cucine un personaggio come Jacopo, giovanissimo chef con alle spalle esperienze molto significative, è un valore aggiunto, perché si porta dietro nuove idee, una cultura gastronomica molta variegata ed interessante, un’idea del cibo più ampia, figlia di esperienze diverse.
“A Torino sono arrivato per amore, e qui da Dume vorrei sperimentare anche una cucina vegetale; mi piace sentire nel piatto sapori vegetali; una presenza un po’ amara ci deve essere, calibrata bene, rimane molto interessante, così come la parte acida”
Esiste, Jacopo, un personaggio di riferimento a cui ti sei sempre ispirato, nel tuo lavoro?
“Per il momento, non sto seguendo un percorso tracciato da un solo Maestro di cucina. Viste le mie esperienze, prendo spunti, idee, concetti, da Corelli, Alajmo, Atxa. Ciascuno ha lascito un’impronta importante nella mia vita di cucina, ma anche la cucina bolognese ha rivestito grande importanza nella mia breve carriera”
Qualche mese fa ero andato a visitare una cantina in Romagna, sui colli di Cesena, Amaracmand. Tra i vini proposti, uno recava in etichetta “Imperfetto”, blend di Sangiovese (85%), Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Syrah, Alicante. “Sono le imperfezioni a rendere unici i vini, è l’imperfezione che crea lo stile” mi aveva suggerito Marco Vianello, il titolare della Cantina.
Oggi leggo sulle vetrate che si affacciano sulla Galleria Umberto I “Dume – Trattoria Imperfetta”. Jacopo, “imperfetta” perché?
“Perché la perfezione in cucina non esiste, è solo una percezione. E poi, il concetto di perfezione è molto soggettivo, cosa significa? Che quel piatto è il massimo del godimento del tuo palato? Che non ti aspettavi di più? Che non avevi mai assaggiato una cosa così buona? Tutto è relativo! Quello che è perfetto per me, non vale per un altro. Imperfetto è un atteggiamento, quasi sentimentale, della volubilità della cucina, accettare che le materie vive non siano sempre uguali, precise, perfette. L’imperfezione tollerata, per me, vuol dire provocare emozioni”
Jacopo, parlami della cucina che proponi da Dume e dei progetti che ti girano per la mente
“Scorrendo il menu, si percepisce che seguo i canoni della cucina piemontese. In autunno, però, voglio dare un volto più marcato, ancora più locale, introducendo magari le ‘rane alla bourguignonne’, con un tocco francese, o alcuni ‘piatti di cacciagione’, quasi scomparsi dalle tavole delle grandi città; o, magari riproporre la cucina del ‘quinto quarto’, esempio di sostenibilità alimentare, trasformando ciò che tradizionalmente era considerato scarto in sapori intensi, in prelibatezze”
Vieni da esperienze molto significative, da cucine stellate, che hanno arricchito il tuo bagaglio iniziale. L’esperienza Dume è per te una sfida?
“Mah, certo, l’obiettivo è arrivare nell’Olimpo della ristorazione. Per il momento, desidero ridare importanza a cibi che sono stati un po’ dimenticati, riscoprire i sapori d’un tempo della tavola piemontese e non solo. Se il Piemonte, in passato, proponeva una cucina eccellente che partiva dalla tradizione, un motivo ci sarà stato!. Voglio partire dal concetto di ‘territorio’, di ‘locale’, di ‘terra’, di ‘contadini’, col desiderio di fare una buona cucina, di far mangiare bene la gente, raccontando cosa c’è e da dove viene quel prodotto. Bisogna essere umili, non cercare subito la gloria, ma, a piccoli passi, fare star bene chi viene a trovarti”
Cos’hai trovato in questa città
“Torino è una città bellissima, abito nel centro storico, mi ricorda lo stile parigino. Io sono un amante dell’antiquariato, di mercatini, e qui ho trovato davvero quest’anima, questo interesse che mi fa stare bene. Vedo la gente tranquilla, passeggiare, sorseggiare, andare al ristorante quasi come un rito… e poi tanti giovani che si muovono in ogni parte della città. È interessante questa vivacità. Il Piemonte rimaneva, per me, una regione che non conoscevo tanto, e vivere a Torino facendo questo lavoro mi ha dato l’opportunità di conoscere tanti piccoli produttori che, al contrario di altre regioni, tranne la Toscana, manifestano un’offerta straordinaria dal punto di vista qualitativo. Prima che arrivi l’autunno penso di gironzolare su tutto il territorio, dalla montagna alla pianura, alla ricerca del buono da portare in tavola, andando a scovare allevatori, contadini, piccole realtà che rendono ancora più bello il mio lavoro”
Per chiudere, ringraziandoti, elencami tre piatti piemontesi che metteresti sul podio
“Direi la ‘Finanziera’, gli ‘Agnolotti del plin’, superiori ai tortellini, poi, il ‘Bagnetto verde’, la ‘Tartrà’ e il ‘Vitello tonnato’”.
I MIEI ASSAGGI
Flan di Topinambur, Fonduta di Toma, Chips croccanti e Olio cipollino (nella foto sotto)
Piatto raffinato, elegante, di notevole equilibrio, realizzazione originale, quasi imperfetta. Estro e utilizzo di materie prime locali realizzano un antipasto piemontese tutto da provare.

Flan di Topinambur, Fonduta di Toma, Chips croccanti e Olio cipollino. Ph Andrea Di Bella
Peperone arrosto, Bagnetto verde di sedano e Robiola di Roccaverano
Esempio di cucina contemporanea che valorizza i prodotti locali e la stagionalità, offrendo un’esperienza gustativa molto particolare. Piatto semplice e raffinato, sapori delicati e armoniosi. I peperoni, dolci e arrostiti lentamente, si sposano benissimo con la freschezza del bagnetto verde al sedano. La Robiola di Roccaverano, morbida e dal sapore delicato, completa l’equilibrio del piatto.
Orzotto, Crema di peperone di Carmagnola e Salsiccia di Bra
Un primo piatto molto intrigante, con un sentore marcato, ma piacevolissimo, del peperone. Mai banale in bocca, il piatto è bene eseguito e riporta alla campagna piemontese e ai suoi prodotti eccellenti. Interessante il gioco di colori e sapori.
Agnolotti del plin ai tre arrosti e Barolo del “Pastificio Peinetti”, in demi-glace
La meravigliosa sapidità intensa e persistente dei plin a tre arrosti (manzo, maiale e coniglio), la demi-glace, cioè il fondo bruno, dalla consistenza vischiosa e cremosa, eseguita alla perfezione e la complessità degli aromi, assieme alle note di spezie del Barolo, concorrono alla grandezza di questo piatto.
Faraona…. Piatto straordinario, cottura magnifica, tartufo nero estivo saporito, fondo bruno

La Faraona di Dume. Ph Andrea Di Bella
Che devo dirvi di più? Serata molto interessante, questa, in una cornice accattivante, accompagnato dal collega Alessandro Felis, con cui abbiamo condiviso, piacevolmente, pareri, opinioni, giudizi.
E un grazie agli interlocutori, per la disponibilità, l’interesse, la professionalità e la voglia di riuscire. Bravi!.
(Locale visitato a fine luglio 2025)
DUME – TRATTORIA IMPERFETTA
Galleria Umberto I, 10/13 – Torino
Telefono: (+39) 011 18753571
Email: info@dume.it
Orari
Dal Lunedì al Venerdì Cena
Sabato e Domenica Pranzo e Cena