In India, tra ottobre e novembre, si celebra il Diwali, una delle più importanti festività religiose del Paese, la Festa della Luce. In tale occasione, infatti, vengono accese milioni di luci che illuminano strade, case e luoghi sacvri. La ricorrenza assume diverse forme a seconda delle tradizioni e delle comunità, ma una delle più diffuse trae spunto dal mitologico episodio del ritorno nella sua città del principe Rama, dopo 14 anni trascorsi in esilio in una foresta; la comunità lo accolse con una moltitudine di luci simboleggianti il trionfo del bene sul male e della sapienza sull’ignoranza.
Intrecci geometrici di polveri colorate, toran decorativi appesi alla porta (i tradizionali fregi di tessuto), candele tutte intorno e il profumo inebriante di spezie dolci, mandorla, sciroppi di zucchero che profumano la casa.
È la festa della luce, della divinità Lakshmi, dea dell’abbondanza, del destino e della fertilità, una celebrazione che cade ogni anno nel quindicesimo giorno del mese Kartika del calendario indù, tra ottobre e novembre, considerato il periodo più propizio dell’anno.
Le luci nei templi e nelle case quest’anno si sono accese il 24 ottobre per Diwali, ricorrenza che onora la vittoria del bene sul male, il trionfo della luce sulle tenebre. Ed hanno illuminato tutto il Paese, ogni giardino, ogni abitazione, palazzo, negozio, senza dimenticare le pasticcerie, le attività più impegnate in questo periodo. La tradizione indiana prevede moltissimi dolcetti da ricorrenza, i celebri mithai, fatti di frutta secca, farina, zucchero, ma anche foglie d’oro, fiori eduli. Dolci bellissimi, invitanti, piccoli bocconi goduriosi profumati con spezie pregiate. Degni di una dea!
I dolci tipici di Diwali
Sulla ricchezza dolciaria che contraddistingue la festa della luce sono state scritte pagine e pagine, libri di cucina e approfondimenti. Sono tante le specialità preparate nei diversi territori, impossibile da citare tutte. Qui, abbiamo cercato di radunare i 10 assaggi imperdibili.
Halwa
Da non confondere con l’halva mediorientale, l’halwa indiana è un budino morbido solitamente fatto di semolino o carote, preparato con un mix di ghee, acqua, zucchero, spezie e latte. Fondamentale nella cucina indiana, il ghee è un ingrediente che ricorre in molte preparazioni, per cui è bene spendere un paio di parole circa le sue origini: si tratta di un burro chiarificato – fatto scaldare affinché l’acqua e le proteine del latte si separino – nato per via delle alte temperature del Paese, che in passato non permettevano una conservazione ottimale del burro classico. Quello chiarificato, invece, si manteneva più a lungo, così è entrato di diritto in moltissime ricette. È presente anche nella mitologia induista, secondo la quale Prajapati, signore delle creature, inventò il ghee semplicemente strofinandosi le mani, per poi gettarlo nelle fiamme e dare vita alla sua prole. È per questo motivo che, ancora oggi, gli induisti versano il ghee nel fuoco come segno di buon auspicio durante i matrimoni o altre occasioni speciali.ù
Mawa kachori
Tipico street food fritto e piccante, il kachori esiste anche in versione dolce, e in questo caso prende il nome di mawa kachori. Un fagottino croccante ripieno di frutta secca e mawa, immerso in uno sciroppo dolce. Ma cos’è la mawa? Detta anche koha e condivisa con Nepal, Bangladesh e Pakistan, la mawa è un prodotto caseario fatto a partire dal latte intero, cotto fino a che non si addensa. Un po’ come la ricotta, ma meno cremosa, prodotta con latte vaccino oppure di bufalo d’acqua, razza tipica del sud-est asiatico.
Kaju Katli
Non c’è Diwali in India senza kaju katli, prelibatezza a base di anacardi, zucchero, polvere di cardamomo e ghee, solitamente a forma di diamante. Un piccolo gioiello dolce nato al tempo della dinastia Moghul, quando l’imperatore Jahangir aveva catturato alcuni guru del sikhismo, religione monoteista nata in India nel Quattrocento. Uno dei guru in particolare aiutò gli altri durante la prigionia, cercando di renderli il più possibile autosufficienti: colpito da questo atteggiamento, l’imperatore decise di liberare il guru e chiunque fosse riuscito ad aggrapparsi alla sua tunica. In segreto, il guru fece cucire una tunica abbastanza lunga a cui tutti potessero tenersi. In segno di apprezzamento, lo chef di Jahangir preparò per la prima volta il dolcetto con latte addensato e anacardi, una prima forma di kaju katli.
Payasam
Kheer nel Nord dell’India, payasam a Sud: in qualsiasi caso, stiamo parlando di un budino di riso popolare in tutto il Paese. Il nome deriva da payas, latte, uno degli ingredienti principali insieme allo zucchero e il riso, mentre sull’origine della ricetta si narra un’antica leggenda. Un giorno, un vecchio saggio sotto forma di Krishna – l’incarnazione terrena del dio Visnù, protettore del mondo – sfidò a scacchi il re della città di Ambalapuzha, appassionato del gioco che promise al saggio qualsiasi cosa volesse in caso di vittoria. Questo chiese del semplice riso, ma a una condizione: il re avrebbe dovuto mettere un chicco di riso su ogni casella della scacchiera, raddoppiando il numero dei chicchi a quella successiva. Il saggio vinse la partita e così il re cominciò a posizionare il riso, in un numero sempre crescente; alla fine, Krishna rivelò la sua identità e chiese al re di offrire un budino di riso a tutti i pellegrini in visita al tempio a lui dedicato in città.
Chirote
Famoso soprattutto nello stato dell’India occidentale chiamato Maharashtra, il chirote è un dolcetto immancabile durante le celebrazioni. Si tratta di una conchiglia di sfoglia leggera, una serie di cerchi concentrici di pasta delicata, ricoperta di sciroppo al cardamomo oppure zucchero a velo aromatizzato. Si prepara con della semplice farina, oppure un mix di farina e semolino, e viene fritto nel ghee.
Mysore pak
Krishnaraja Wodeyar era il maharaja della città di Mysore negli anni ’30, un sovrano goloso e dalle aspettative alte: amava organizzare banchetti originali e stravaganti per la famiglia reale. Un giorno, il suo chef Kaksura Madappa era a corto di idee per il dessert e, dovendo preparare qualcosa di buono in poco tempo, unì gli ingredienti più semplici che aveva a disposizione: ghee, farina di ceci e zucchero, addensati fino a diventare uno sciroppo dolce, che servì sul piatto. A fine pasto, però, il dolce si era addensato e quando il re lo mangiò si sciolse in bocca. Estasiato, chiese al cuoco il nome della ricetta, che venne ribattezzata Mysore Paka (“intruglio dolce di Mysore”), poi abbreviato in pak. Questo è il racconto popolare tramandato fino a oggi circa la nascita del Mysore pak, dolcetto servito in tutte le occasioni speciali, spesso aromatizzato al cardamomo, alla rosa o altre essenze.
Peda
Tra i pilastri della pasticceria indiana ci sono i peda, dolcetti soffici e delicati originari dell’Uttar Pradesh, a Nord dell’India, ma diffusi un po’ ovunque. Si preparano con koha (o mawa, il prodotto caseario fatto con latte addensato), zucchero, frutta secca e cardamomo, ma ne esistono moltissime varianti: il kesari peda, per esempio, profumato allo zafferano, oppure il dharwad peda, dal colore più scuro e cosparso di zucchero. In qualsiasi caso, sono sempre di forma tonda, morbidi e leggermente schiacciati al centro.
Gulab jamun
Una volta scoperto il significato del nome, è facile intuire il sapore del dolce: gulab significa rosa, mentre jamun indica un frutto dalla forma ovale, di colore scuro simile a un acino d’uva. Alla base della ricetta, mawa e farina, due semplici ingredienti che vengono impastati insieme e poi modellati a forma di piccole sfere, da friggere nel burro chiarificato o nell’olio. Infine, queste palline dolci vengono immerse in uno sciroppo di zucchero aromatizzato al cardamomo, alla rosa oppure allo zafferano, che colora le delizie di un bel giallo brillante.
Kalkhand
Punjab e Rajasthan si contendono la paternità di questa tortina di latte, un cubotto dalla consistenza scioglievole e umida, a metà tra una torta soffice e un fudge. Il procedimento per prepararla è semplice, occorre solo un po’ di pazienza: occorre, infatti, ridurre il latte aromatizzato al cardamomo insieme allo zucchero per ore, fino a che non si solidifica. Una volta pronto, si può ricoprire con granella di pistacchi o altra frutta secca.
Jalebi
Non può mancare, infine, un assaggio di jalebi, uno dei dolcetti più apprezzati in India, fatto con farina maida (tipica varietà a grana fine) e zafferano: delle spirali di pasta fritte ricoperte di sciroppo dolce, croccanti fuori e soffici all’interno, spesso servite insieme al rabri, una crema densa a base di latte, zucchero, cardamomo e frutta secca. Secondo molti la jalebi sarebbe un’evoluzione della zalabiyeh, frittella tipica dei Paesi del Medio-Oriente, generalmente di forma tonda, introdotta in India in epoca medioevale e divenuta da subito un prodotto tipico delle feste di paese.
di Michela Becchi by Gambero Rosso