
Carlo Petrini
Ricordo bene che da bambino, insieme ai miei genitori e a mia sorella, le vacanze estive ero solito passarle a Somano, una piccolissima località nelle Langhe piemontesi. I 30 chilometri scarsi che separavano Bra dal nostro luogo di villeggiatura erano per me l’emblema dell’esodo estivo. Poi arrivò il boom economico degli anni Sessanta e Settanta e con esso mare e montagna divennero le mete predilette dell’estate, a scapito dei piccoli borghi di campagna che in quello stesso periodo stavano andando in contro anche allo spopolamento legato all’urbanizzazione.
Facciamo un salto nel tempo e arriviamo a oggi in cui viviamo una situazione che definirei schizofrenica. Da un lato infatti il numero delle persone che vivono in comuni con meno di cinquemila abitanti è sempre più basso (si stima circa il 17% della popolazione a fronte di quasi il 50% negli anni Sessanta), dall’altro alcuni di quegli stessi comuni sono diventati mete turistiche gettonatissime.
I comuni delle Langhe rientrano senza ombra di dubbio in questa narrazione schizofrenica, con il rischio di trasformarsi in veri e propri musei a cielo aperto. Con una comunità autoctona sempre più asfittica, le dimore sono state inglobate nei circuiti di case vacanze o nelle strutture ricettive, le osterie, veri e propri luoghi di incontro tra “indigeni” e non, sono state trasformate in ristoranti stellati, e le botteghe hanno chiuso o si sono trasformate per soddisfare le esigenze turistiche.
Il caso delle Langhe
C’è un episodio che non dimenticherò mai, e lo racconto spesso. Era la fine degli anni Settanta e accompagnavo Robert Mondavi, noto enologo californiano, a visitare la nostra terra. Guardando rapito la vista da La Morra mi disse: “Non senti questo rumore? State dormendo alla grande, con un patrimonio come questo è incredibile che non ci siano migliaia di visitatori ogni anno”. Di lì a poco qualcosa iniziò a muoversi. Le cantine si attrezzarono, arrivarono i primi appassionati dalla Svizzera, dalla Germania. Era un turismo curioso, rispettoso, fatto di gente che cercava autenticità. Dalla Langa della malora fenogliana si passò in pochi decenni alla Langa del benessere.

A tal proposito il celeberrimo produttore di vino Bartolo Mascarello diceva che all’ingresso delle Langhe avrebbero dovuto apporre un cartello che riportava la dicitura “zona colpita da improvviso benessere”. Con questa frase Mascarello voleva sottolineare il cambiamento radicale che in poco tempo aveva trasformato la sua terra, estendendo non solo gli ettari vitati, ma anche quelli cementificati o occupati da capannoni. Ecco allora che, quel rinascimento rurale iniziato verso la fine degli anni Ottanta e giunto ora al suo stadio di maturità, dovrebbe apprendere ad avere coscienza di una parola che ormai pare demodé: limite.
Promuoviamo un turismo che generi vita, non cartoline
Un turismo che non sa governare i suoi limiti è come il vino mal fatto: ti fa sentire brillo all’inizio, ma poi ti lascia il mal di testa. Bisogna tornare a dare valore al senso del limite e ricordarsi delle umili origini contadine di questi territori nel rispetto della storia e della relazione armoniosa con la Terra; precondizioni necessarie per il successo di qualsiasi territorio che prospera in virtù del patrimonio naturale e culturale in esso presente.
Perché il punto è questo: un borgo senza bottega, senza forno, senza osteria, senza parrocchia, è solo una cartolina. Bella, sì. Ma vuota. Così come un paesaggio in cui non esiste altra forma di diversità al di fuori della vite è monotono. Oggi si parla tanto di “turismo sostenibile”, ma troppe volte è solo uno slogan. Sostenibilità vuol dire che il turismo deve far bene, e non solo far soldi. Deve lasciare più di quello che prende.

Carlo Petrini
Affinché ciò avvenga uno degli elementi distintivi deve essere quello di operare per far sì che gli abitanti del territorio siano felici. Io vado alla scoperta di un luogo perché c’è gente che sorride, c’è una comunità viva e aperta all’accoglienza, che sa ancora raccontare la genesi degli edifici e delle storie di vita che hanno ospitato, del perché quel muretto a secco è lì, e del perché si coltivano alcune varietà specifiche e altre no. Ho fatto il riferimento specifico alle Langhe, ma questo discorso si può trasporre a molte altre aree del nostro Belpaese. Dobbiamo impegnarci affinché i luoghi non siano solo belli e accoglienti per i turisti che li ammirano, ma anche per i cittadini che li vivono.
da Millennium