Il noto ristorante-museo La Sangiovesa di Santarcangelo di Romagna ha ospitato sabato scorso un incontro con un gruppo di giornalisti per “parlare” fare il punto, si fa per dire, sulla “piadina sfogliata”.
A farlo sono stati un’autorità indiscussa di storia e cultura romagnola, Piero Meldini, il quale ha spiegato che la piadina (“piada” per i riminesi) , cibo pop per eccellenza, migrato dalla Romagna nelle case di tutti gli italiani, ha origini incerte e misteriose e il giornalista e degustatore Giorgio Melandri.
Un primo documento in cui si ritrova la dizione “piada” risale al 1361 ed era una sorta di censimento del contado a fini tassazione fiscale, che a quei tempi avveniva quasi sempre “in natura” e due piade, cioè due focacce farcite, facevano parte dell’obolo dovuto.
Nel 1572 si parla di piada “sfogliata” in un carteggio tra due naturalisti, il riminese Costanzo Felici e il bolognese Ulisse Aldrovandi.
A quei tempi, comunque, la piada, piadina, è una sorta di surrgato del pane, un pane di serie B, fatto con cereali inferiori come crusca, fave, castagne, ghiande; solo a fine ‘800 si comincia ad utilizzare la farina di mais, quando questa “focaccia di emergenza” viene preparata nelle cucine dei contadini per sostituire la polenta, poco amata in Romagna.
Il XX secolo il boom economico, con l’Italia che rinasce dalle macerie della guerra, la nascita e la diffusione dei caratteristici “chioschi” in tutta la Romagna, la piadina, da “pane dei poveri” si trasforma fino a diventare il simbolo stesso di questo territorio, vera e propria star dello street food non solo locale.
Ed in un territorio dove le dispute campanilistiche sono più radicate di quelle calcistiche, non sono mancate ovviamente quelle su quale sia la “vera piada o piadina romagnola”: se quella più spessa di Forlì e Cesena, quella ancora più “panosa” del Ravennate fino alla sottile e più croccante sfogliata riminese.
Nel corso dell’incontro al ristorante La Sangiovesa, è intervenuta anche Rosella, che assieme al marito Maurizio Camilletti, ultimi produttori rimasti di questo antico mestiere, realizza le classiche “Teglie di Montetiffi”, l’attrezzo da cucina interamente fatto a mano su cui cuocere la piadina Romagnola; ha illustrato ai presenti le modalità di lavorazione delle loro classiche “teglie in terracotta”, che stanno riscuotendo una nuova giovinezza e anche tanto interesse per questo mestiere in via di estinzione da parte di molti giovani.
Lo chef de La Sangiovesa, Massimiliano Mussoni, ha illustrato agli ospiti l’importanza dell’uso della piada sfogliata nella cucina del locale e quanto sia apprezzata dai clienti.
Una cucina che rispecchia la precisa volontà di portare in tavola piatti d’altri tempi, con l’utilizzo di materie prime genuine, per la maggior parte provenienti da filiera corta, soprattutto da Tenuta Saiano della Famiglia Maggioli, proprietari anche de La Sangiovesa, o da produttori di fiducia.
Dall’antipasto al dolce, la piada che lo chef Mussoni ha approntato per ogni suo piatto coi prodotti a filiera cortissima della Tenuta Saiano è l’abbinamento perfetto ai suoi vini, è stato un vero viaggio gastronomico con un menù a 5 stelle e insieme una lezione di storia del cibo e del territorio romagnolo.